|   L'ospedale di 
        MATANY - Uganda
 L’ospedale di Matany, situato nella regione del Karamoja (nord Uganda), 
        fondato e gestito dai missionari comboniani, serve un territorio vasto 
        quanto il Trentino; nella struttura operano anche Suor Silvia Pisetta 
        di Albiano e Suor Palma Gosetti di Montes.
 
 I posti letto sono circa 400 ma il numero effettivo di pazienti e parenti 
        accolti, anche sotto i letti o lungo i corridoi, è ben superiore. 
        Infatti l’ospedale, sebbene contenuto, comprende numerosi reparti, 
        tra i quali TBC e infetti; per i malati di AIDS invece, vista l’impossibilità 
        economica, di fornire loro qualunque terapia, è in programma la 
        realizzazione di un ambulatorio "day-hospital" dove farli giungere 
        periodicamente per controlli.
 I missionari sono anche validamente affiancati, da alcuni medici volontari 
        (al momento sei, tutti europei) i quali, spesso accompagnati dalle loro 
        famiglie, dedicano alcuni anni della loro vita per lavorare all’interno 
        della struttura altrimenti carente di medici qualificati.
 Presso l’ospedale, ormai da lungo tempo, è sorta anche la 
        scuola infermieristica della durata di tre anni, con 80 studenti; il personale 
        dell’ospedale è così diventato prevalentemente del 
        posto e spesso questi giovani infermieri riescono poi a trovare lavoro 
        nei principali ospedali delle città del paese.
 Matany è diventato la struttura sanitaria punto di riferimento 
        per l’intera regione, vista anche dal governo centrale come esempio 
        da seguire e ripetere in altre aree depresse.
 Uno dei problemi principali della zona sono le scarse precipitazioni che 
        rendono l’area una delle più povere del paese e i raccolti 
        sono spesso insufficienti a garantire un’alimentazione adeguata. 
        Anche un solo anno di carestia, come si è verificato recentemente, 
        può bastare a mettere a dura prova l’intera popolazione.
 
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    | I problemi sono 
        però molteplici e come per tanti paesi africani, anche vicini – 
        il pensiero va al Sudan o al Rwanda – la mancanza dell’acqua 
        s’intreccia con i problemi politici ed economici ben più 
        complessi.La popolazione vive ancora prevalentemente in capanne, all’interno 
        di piccole tribù familiari e la scolarizzazione è molto 
        bassa se non, talvolta, assente; la povertà è totale: solo 
        quattro bambini su dieci riescono ad arrivare all’età di 
        cinque anni.
 Lo sviluppo dell’intero complesso ospedaliero rimane sempre in ogni 
        caso legato ai fondi che tramite i missionari pervengono dall’Europa; 
        il governo, infatti, non paga che una minima parte delle spese fisse di 
        gestione.
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